La (ri)scoperta della notte
Caro direttore generale dell'Enel, le scrivo per segnalarle un episodio alquanto fastidioso. Lo scorso fine settimana a Cencenighe Agordino (sembra un nome finto, ma il paese è vero) è mancata l'energia elettrica per alcuni minuti. Lo so, era nel cuore della notte e molti cittadini non se ne sono nemmeno accorti. So anche che alcuni cavi erano appesantiti dal ghiaccio e che sulle montagne soffiavano violente raffiche di vento, ma vorrei ugualmente essere messo in contatto con le squadre che quella notte hanno lavorato per ripristinare la corrente per esprimere il mio disappunto: la prossima volta restino pure a letto. Grazie.Perché, caro direttore generale, grazie a quel black out inaspettato ho riscoperto un fenomeno che in tempi illuminati avevo ormai dimenticato: la notte. Stavo lì nel letto - con le persiane alzate, come è mia abitudine, perché mi piace che sia il cielo a dettar legge - quando mi sono svegliato disturbato dal buio eccessivo. Mi sono messo a sedere sul letto, ho strabuzzato gli occhi invano e mi sono detto: che è successo? D'istinto ho portato la mano all'interruttore della luce, ma il clic è rimasto a mezz'aria senza che la lampadina si accendesse. Allora ho capito, sono corso alla finestra e ho visto - una ad una - comparire le stelle, che si prendevano la rivincita sull'orrenda insegna che una banca qualche anno fa ha piazzato davanti a casa nostra. Finalmente spenta. E' stata una gran soddisfazione, se solo fosse durato un po' più a lungo.
Ma avrei, caro direttore, un suggerimento: se lei potesse, il giorno 16 febbraio alle ore 18, premere quell'interruttore generale che sicuramente le hanno montato sulla scrivania presidenziale, ebbene, se lei potesse - almeno per un attimo - spegnere il paese per dimostrare ai cittadini che la luce non è la regola ma un'eccezione preziosa che dobbiamo imparare ad apprezzare (e risparmiare), insomma sarebbe un gran segnale.
So che le chiedo molto. Non si diventa direttori generali dell'Enel spegnendo interruttori a tradimento. E soprattutto non lo si resta a lungo. Ma ci pensi ugualmente. E mentre ci riflette le consiglio una lettura che sembra (ma non è) una cosa da bambini: si parla di luce e sono sicuro che la troverà illuminante. So che non ha il tempo di passare in libreria e quindi ho fatto io il lavoro per lei: ecco il racconto Luna e Gnac di Italo Calvino.
La saluto cordialmente ringraziandola ancora per aver spento l'odiata insegna (sebbene per sua inefficienza, non m'illudo che sia stato un atto volontario) regalandomi un minuto di notte autentica.
P.S. mi è arrivato in email un appello a spegnere la luce il 1° febbraio dalle 19 e 55 alle 20. Qui sul blog invece mi hanno segnalato l'iniziativa di Caterpillar (RadioDue) che invita a spegnere la luce il 16 febbraio per una manifestazione collettiva intitolata M'illumino di meno.
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Eravamo rimasti senza zucchero, col rischio quindi di dover servire agli ospiti il caffè amaro. Così mi hanno spedito d'urgenza a comprarne un chilo e per non sbagliare sono corso al supermercato più grande della città: lì – mi sono detto – ce l'hanno di sicuro. Zucchero, zucchero, zucchero: dov'è lo zucchero in un supermercato sconfinato? Stavo cercando un commesso a cui chiedere informazioni quando, passando davanti al banco del pane, sono stato investito dal profumo di un vassoio di brioches appena uscite dal forno e mi son detto: perché no?
Io e il mio amico R. siamo una strana coppia e ogni tanto ci piace fare cose bizzarre. Come ieri, quando sono andato a prenderlo in auto, sotto casa, e siamo andati a spasso per la città: ci siamo fermati nel bar di un centro commerciale dove lui si è seduto a un tavolino e ha ordinato una bella birra fresca. Poi siamo entrati in un pub e ci siamo bevuti due spritz. L'ultima tappa è stata in un bar-pizzeria dove il mio amico R. voleva un Mojito (gliel'avevo suggerito io perché lui non sapeva nemmeno cosa fosse) ma non c'era. Allora ha ordinato un prosecco (anche quello una mia idea) e gliel'hanno servito volentieri. Mentre lo riportavo a casa mi sono fermato nel parcheggio di un supermercato e l'ho spedito a comprarmi una bottiglia di Aperol, poi ho fatto una deviazione in un altro negozio e l'ho aspettato in auto mentre acquistava una bottiglia di Limoncello.
Se l'ha fatto Beppe Grillo allora posso farlo anch'io. Che ci vuole? Sono corso alla più vicina centralina per il controllo delle polveri sottili e ho fotografato l'aria che respiriamo. Di che colore è? Nera, come i nostri polmoni dopo una bella passeggiata in città. Nera, come il filtro che usano i tecnici dell'agenzia per la protezione dell'ambiente per controllare l'aria. Eccolo lì nella foto a sinistra - immacolato - prima di essere utilizzato. Ed eccolo a destra, dopo 24 ore di servizio presso la stazione di Largo Porta Nuova a Trento, lunedì 22 gennaio. La legge fissa la soglia d'attenzione a 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo, quel giorno erano 68 e soprattutto era il diciottesimo giorno consecutivo di sforamento dei limiti.
Caro lettore di questo blog, guarda il grafico qui sopra e non spaventarti. Si tratta della classificazione delle azioni umane in quattro categorie in base all'effetto che hanno su se stessi e sul prossimo.
Signore e signori, questo è un esperimento di blog mobile. Vi scrivo in diretta dall'ufficio postale: davanti a me sette persone, dietro cinque, in totale facciamo tredici, tutti in coda disciplinati, ognuno in attesa che arrivi il proprio turno. Il numerino non c'è: poco male, stiamo incanalati nella fila che si srotola come una biscia, intrappolata fra due nastri all'interno di una stanza troppo piccola.
C'era Fonzie ieri sera su Rai 3, con i capelli bianchi, molte rughe, ma inconfondibilmente lui, Fonzie: hey! E' andato nello studio di Fabio Fazio per rispondere a Nanni Moretti che proprio da lì (la trasmissione Che tempo che fa) aveva ironizzato sui vertici della sinistra italiana: "Gente che è cresciuta guardando Happy Days" aveva detto. Ora io mi chiedo: c'è qualcuno che non lo guardava Happy Days? E magari non conosce Fonzie? L'idolo di tutti noi bravi ragazzi, talvolta un po' sfigati, che avremmo voluto essere come lui ma in realtà eravamo Ricky Cunnigham. Che volevamo far partire il juke box con un pugno ma quando andavamo al bar il videogioco si mangiava le duecento lire. Che sognavamo di attirare le ragazze con uno schiocco delle dita, ma alle feste del sabato sera ce ne stavamo in gruppi separati: i ragazzi di qua, le ragazze di là.
Tra mobili vecchi, vestiti fuori moda e libri che non legge più nessuno (e forse nessuno ha letto mai), al mercatino dell'usato di via Brennero c'è una vasca di plastica che l'altro giorno mi ha colpito. Sta lì su uno scaffale pieno di dischi e riviste, così in alto che è difficile arrivarci, vicino a un triciclo colorato che contrasta con il cartello minaccioso: vietato ai minori di 18 anni. E poi un ulteriore avvertimento: lasciare in alto il materiale per soli adulti, fuori dalla portata dei bambini. Insomma, roba che scotta.
Ogni 
Caro lettore di questo blog, eccoci al terzo appuntamento con il quiz. Guarda l'immagine dai toni azzurri qui sopra e - per poche migliaia di euro, visto che è molto facile - dimmi: di che si tratta? Sono montagne o alberi ghiacciati? Come dici, alberi di Natale? Risposta e-rrata! Ma sei scusato, si tratta di una merce sempre più rara: quella che vedi qui sopra è neve, piccoli cristalli di neve che Dario (amico e
Non chiedete a quest'uomo che tempo farà tra sette giorni, perché ammetterà di non saperlo. Chiedetegli invece che tempo farà tra un anno, oppure tra dieci, vent'anni e vi risponderà: caldo. Anzi: più caldo.
Quando esco di casa la mattina il sole splende alto, l'aria è tiepida quanto basta per tenere la giacca aperta e mi sento buono: così buono che stringo in tasca le monetine di cui mi sono rifornito perché so già che mi serviranno presto. Arrivo al sottopasso ferroviario fischiettando e subito mi sintonizzo su una melodia che mi fa accelerare il passo: è Astor Piazzolla, Libertango (oppure la pubblicità della "Vecchia Romagna" o dei gioielli, a scelta), la stessa di ieri, suonata da due rumeni, fisarmonica e violino, uno in piedi e l'altro seduto. Arrivo alla loro altezza e in un attimo decido che lo spettacolo vale 20 centesimi: scelgo in tasca la moneta giusta (ormai sono un esperto, ho i polpastrelli sensibili, potrei fare concorrenza a un cieco) e deposito nella custodia lasciata aperta a terra il prezzo del biglietto.
Amo fare la spesa nel mio supermercato, quello di cui mi illudo di essere - in qualche modo - il proprietario perché ho in tasca la tessera di socio pagata 20 euro. Così, passeggiando tra gli scaffali alla ricerca di qualche offerta, in attesa che al banco del pane chiamassero il mio numero, mi sono imbattuto nello scaffale dei vini e degli alcolici. Lì - ad altezza d'occhio, e vi prego di credermi: non è un fatto casuale - mi ha colpito il cartellino giallo che mi proponeva un grande affare: "Speciale feste, Champagne Veuve Cliquot: 26,80". A parte l'errore di scrittura (bastava copiare l'etichetta) mi ha colpito il prezzo, tanto elevato che mi son detto: ma quando non ci sono le feste quanto costa 'sto champagne? E ho deciso di scoprirlo, armeggiando con quel cartello incollato con forza e infilato sotto una pellicola che non voleva venire via. Tira, molla, tira, sposta, solleva, sfila alla fine ho scoperto che - feste o non feste, con il cartellino giallo o senza - lo Champagne Veuve Clicquot costa sempre 26,80 euro. Scoperta degna di essere documentata con una fotografia. Da ieri ho l'impressione che andare a fare la spesa nel mio supermercato, quello di cui non solo sono il proprietario ma (secondo la pubblicità) sono io stesso, equivalga a fregarmi da solo.







