Le ali ai piedi
Sì, lo so che l'uomo non vola ma io so come si fa. Apro la finestra della camera da letto, quella che dà proprio sul tetto, e mi metto in equlibrio sulla tegole facendo attenzione a non spezzarle. E' questione di un attimo: tengo le dita delle mani ben chiuse, in modo che non passi l'aria in mezzo, e comincio a muovere le braccia su e giù, su e giù, non tanto forte ma convinto, finché mi ritrovo a mezz'aria e casa mia è là sotto. Per lo stupore scendo qualche metro ma mi basta un battito di mani per risollevarmi e superare gli alberi.Sto sognando? E' possibile - mi dico - ma scaccio il dubbio perché nel momento stesso in cui mi pongo la domanda so per certo che son sveglio.
Signori, io so volare! E come volo: supero la funivia e scendo in picchiata verso il fiume dove seguo la corrente finché giunto alla montagna salgo, salgo, salgo. Com'è bella la città laggiù, così piccola che i difetti scompaiono. Ma più dei palazzi mi piacciono le persone e allora trattengo le mani dietro la schiena fin quasi allo stallo - sono Jonathan Livingston - e scendo in picchiata per dare un'occhiata ai piani alti delle case, alle terrazze invisibili sui tetti e per scoprire i segreti dei cortili interni dove - dipinte sui muri - trovo tre mongolfiere.
Ancora quel dubbio: sto sognando? Ma qual è il dormiente che si pone questa domanda? Io son sveglio - ora lo so - e son capace di volare. Ma un grido mi sorprende: VIAAA! E mi ritrovo con il piccolo play-boy, sul letto, che a suo modo urla FUNIVIA! Guardo fuori dalla finestra - deluso perché i miei piedi sono piantati a terra - e vedo una delle due cabine arrivare alla stazione di partenza. Ehi, un momento... che ci fanno le mie scarpe lì sul tetto?
P.S. quello di volare è il mio sogno ricorrente e quando mi capita sono davvero convinto di levitare, ma da qualche tempo il risveglio da terrestre (nel senso di non volatile) è meno frustrante perché corro al computer digito maps.live.com clicco sul bottone bird's eye view e vado a spasso per il mondo a scoprire panorami come questo o questo che certo voi conoscerete.
Dimenticavo, le scarpe sul tetto ce le ha messe Gretel che non le sopporta più...
Etichette: story-post


Quando fuoridalpalazzo passa il Giro, come questa mattina a Trento, io corro a vedere e applaudo. Ma non è più come nel giugno del 1994 quando un giovane studente universitario con la passione sfrenata per la bicicletta trascorreva i pomeriggi davanti alla televisione invece di studiare per gli esami. Un giorno di quelli vide un corridore nuovo, ma già un po' pelato e con le orecchie a sventola, scappare prima di valicare il passo Giovo e poi fuggire in discesa come non aveva fatto mai nessuno. Nemmeno la moto con la telecamera riusciva a tenere il passo di quel fenomeno che per essere più veloce si metteva in posizione a uovo come se fosse su una pista da sci. Lo studente universitario guardò quel corridore tagliare primo il traguardo di Merano e vergognandosi un po' sentì una lacrima che gli rigava il volto.
Poiché alla poltrona girevole della redazione preferisco un giro fuoridalpalazzo, mi capita talvolta di fare cose strane, come piazzarmi di fronte ai semafori della città e vedere - orologio alla mano - quanto bisogna aspettare per andare dall'altra parte della strada. Detta così pare una follia, un'inchiesta assurda, eppure può capitare che dalle piccole cose si capisca la causa dei grandi problemi. Seduto su un muretto vicino al marciapiede ho scoperto che l'orologio della città preferisce le auto ai pedoni, facendole aspettare di fronte al semaforo rosso un minuto, un minuto e mezzo al massimo mentre l'attesa raddoppia per chi va a piedi, come se lasciare l'auto ferma fosse un lusso riservato a chi ha tempo da perdere. L'altra scoperta è che il povero pedone, lasciato a macerare sul marciapiede con le auto che gli sfrecciano di fronte, prima o poi si stufa e si getta in strada tentando di raggiungere l'altra sponda: va bene l'attesa, ma quando si convince di essere vittima di un'ingiustizia l'uomo della strada si ribella e viola le regole a proprio rischio.
dentista: caro ansel, vecchio mio, come andiamo?
Scriverò di due mazzi di fresie gialle che da cinque giorni ormai rallegrano le scrivanie delle mie colleghe C. e M.
Stavo per fare una stronzata. Oppresso dal primo giorno di caldo ho composto il numero verde e ho detto: "Voglio comprare un condizionatore". Così tre settimane dopo - perché prima non potevano - hanno mandato un omino volenteroso con una valigetta piena di cataloghi a fare un sopralluogo in casa mia. La prima cosa che ha detto è stata: ummmm.... e poi ha continuato dando un'occhiata alle travi del tetto (ummm....), alle pareti di sassi (ummm...), alla terrazza dove il sole batte implacabile (ummm....) e al contatore elettrico da tre kilowatt (ummm...). Al che mi sono spaventato: che c'è, non si può fare? Ma lui mi ha rassicurato con il piglio di chi conosce il suo mestiere: tutto si può fare, signor ansel, l'importante è stare al fresco no? Esatto: io volevo stare al fresco ma - dopo aver fatto entrare quell'uomo in casa mia - non ne ero più tanto sicuro. Comunque l'ho guidato sulla prima falda del tetto per vedere dove gli operai (due, al lavoro per una giornata intera) avrebbero montato un motore gigante del peso di 40 chili: il buco lo facciamo qui - ha detto sfregando il cacciavite su un punto imprecisato della parete del diametro di circa mezzo metro - sperando di non trovare un sasso altrimenti sono guai, eh eh eh! Sarà dura - gli ho risposto - evitare un sasso in una parete tirata su duecento anni fa, un sasso sopra l'altro. Ma il tecnico mi ha zittito con il piglio del professionista: tranquillo, son qua io! E mentre lo diceva - crack - gli si è spaccato un coppo di cotto sotto il piede.
Ecco il motivo per cui da vari giorni ormai non pubblico più messaggi. Spero di trovare ancora qualcuno al mio ritorno, spero presto, con il computer nuovo, completamente da riconfigurare...
