fuoridalpalazzo

19 marzo 2008

I rifiuti in campagna elettorale

Michele Serra è venuto in vacanza in val Pusteria ed è rimasto sorpreso dai distributori automatici di detersivo che evitano la produzione di bottiglie di plastica. Noi cominciamo ad abituarci. Mi piace l'idea che qualcuno venga in vacanza in Trentino Alto Adige e porti a casa un'idea pulita, come ad esempio i distributori automatici di latte. Mi piace meno la constatazione che di queste cose - come scrive Serra nella sua Amaca sulla Repubblica di ieri - in campagna elettorale non parli nessuno.

P.S. clicca sulla foto per vederla ingrandita.

P.S. chissà se in val Pusteria ci sono Mc Donald's

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11 marzo 2008

Mi rubano la corrente

contatore dell'energia elettricaMi rubano l’energia elettrica. Accade notte e giorno, me la fanno sotto il naso. Non volevo crederci, la settimana scorsa, quando insospettito da un articolo di Affari e Finanza ho deciso di fare la prova pratica: ho spento tutte le luci, ho spento pure la televisione, ho messo al minimo il termostato del frigo (in modo da escludere l’avvio del motore) e sono sceso in fondo alle scale per dare un’occhiata al contatore. Girava. Piano, ma girava.
Senza perdermi d’animo sono risalito al quarto piano: «Mi sarò dimenticato qualche cosa». In camera da letto ho staccato la radiolina, poi sono andato nel ripostiglio dove ho spento la caldaia e infine nel bagno per assicurarmi che non fosse partita la ventola dell’aerazione. Fiducioso ho raggiunto il pianerottolo dove, nell’armadio di legno chiuso a chiave, c’è il mio contatore: girava. Piano, ma girava.
A quel punto non c’erano più dubbi: ero vittima di un furto. Ma prima di correre a denunciare il fatto bisognava esserne sicuri. Così sono risalito e - come quella volta da bambino - ho accostato lentamente la porta del frigo guardando all’interno attraverso la fessura sempre più stretta, per essere sicuro che la luce si spegnesse. Si spegneva.
Il problema doveva essere altrove, ad esempio nella zona dei computer dove - mi sono ricordato - c’è un apparecchio sempre acceso che distribuisce internet senza fili in giro per la casa. Così l’ho spento, ho staccato anche la spina dello stereo, del ricevitore satellitare (che pure era spento), del lettore di dvd e di altri apparecchi che tengo impilati là sopra sempre collegati alla corrente. Lo so che consumano anche quando sono spenti, se non altro per quelle lucette verdi, rosse o blu che restano sempre accese. Nessuno aveva mai fatto il calcolo di quanto ci fanno spendere, ci ha pensato Pierluigi Bernasconi, l’amministratore delegato di Media World Italia che di apparecchi come quelli ne vende a milionate e ha commissionato un test sul campo. Che ha scoperto Bernasconi? Che una televisione lasciata in stand-by (cioè con la lucetta accesa) consuma da uno a quattro euro l’anno di elettricità. Che il decoder della televisione consuma da 5 a 20 euro l’anno solo per stare lì fermo. Uno dice: è poco, chi se ne frega, posso permettermelo, ma moltiplicate queste cifre per i milioni di abitazioni italiane e otterrete cifre miliardarie. Un computer portatile collegato alla spina di corrente ci costa 10 euro l’anno, la radiosveglia 9. Bernasconi ha un consiglio per tutti quelli che tengono anche agli spiccioli: comprate le ciabatte, cioè quelle spine elettriche multiple con l’interruttore rosso che si può spegnere all’occorrenza tagliando dalla rete elettrica tutti gli apparecchi che sono collegati. Lui vende anche quelle.
Non si capisce perché i produttori di elettrodomestici non prevedano la possibilità di spegnere quelle lucette, lasciando a noi consumatori la responsabilità di attrezzarci per mettere rimedio a questo difetto. Ma in attesa di comprarmi una ciabatta dovevo risolvere il mio problema: qualcuno mi stava rubando l’energia elettrica. Con la speranza di aver eliminato ogni fonte di consumo, sono tornato al piano terra per controllare il contatore: girava. Piano, molto piano, ma girava.
Allora sono risalito furioso e - sentendomi intelligente - ho preso un cacciavite, ho smontato il termostato elettronico installato alla parete e ho strappato i fili dell’alimentazione finché ho visto scomparire il numero 20 che indicava la temperatura (un po’ troppo caldo). Lo stesso ho fatto con il citofono. Ma là sotto il contatore girava ancora. Piano, molto piano, ma girava.
Allora - sentendo da lontano che mi era arrivato un messaggino - m’è venuta l’illuminazione e ho pensato al telefonino cellulare che avevo lasciato in bagno attaccato al caricatore e di tanto in tanto succhiava corrente per caricare la sua pila. Eccolo il colpevole del furto, maledetto cellulare. Quando c’è qualcosa che non va, lui c’entra sempre.

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02 marzo 2008

Sommersi dagli imballaggi

gli imballaggi di mc donald'sLa foto parla da sola. A sinistra due panini, due porzioni di patatine fritte, una coca cola, un'acqua minerale e sei crocchette di pollo. A destra una borsa di carta, un sacchetto di carta, un bicchiere con coperchio di plastica, una cannuccia, una bottiglia di plastica, tre scatole di cartone, due cartoncini per le patatine fritte, sei o sette tovaglioli e un piedistallo di cartone per tenere dritte le bottiglie. Tutto compreso nel prezzo, insomma a Mc Donald's oltre al cibo vi vendono pure l'immondizia. Alla fine ci ho scritto un articolo di giornale: se vi interessa è QUI.
Ma c'è un problema che va oltre gli imballaggi. Sapete dove finisce tutta la carta e la plastica che Mc Donald's - regno dell'usa e getta - produce in enorme quantità? Finisce tutto in discarica, non si ricicla nulla, tanto meno l'organico. Lo racconto QUI, nella Città invisibile, altrimenti il mio editore si offende perché continuo a preferire il blog fuoridalpalazzo...

P.S. ho preso spunto da disimballiamoci la giornata che Legambiente ha dedicato alla lotta contro gli imballaggi.

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21 maggio 2007

Una bomba nel cassonetto

Pensavo che lo sguattero, l'operaio della catena di montaggio e il venditore porta a porta fossero - per motivi diversi - brutti lavori, finché ho scoperto che esiste lo 007 dei rifiuti, quell'uomo che controlla ciò che finisce nel cassonetto e in caso di errori o furberie si lancia alla ricerca del colpevole partendo dai pochi e sporchi indizi a sua disposizione.
Fermo lettore, non pensare che io sia un giornalista snob perché scrivo di rifiuti in una redazione del centro storico, seduto dietro una scrivania dove c'è un vaso di fiori profumato: so di che parlo e te ne darò la prova. Di rifiuti sono un esperto perché a casa nostra sono il delegato al trasporto delle borse d'immondizia dal quarto piano in cui viviamo (senza ascensore) fino all'isola ecologica (bel nome per un luogo orrendo) che rovina la piazzetta.
Del sacchetto immateriale che continua a rompersi sulle scale lasciandomi nei guai ho già scritto l'anno scorso: nulla è cambiato, quella pellicola sottile progettata per biodegradarsi in discarica gioca sempre d'anticipo e si fa da parte prima ancora di arrivare al cassonetto. Ormai ci ho fatto l'abitudine e sulle scarpe mi è rimasta una macchia di fondi di caffè. Quello che mi preoccupa sono le borse di plastica piene di materiale indifferenziato, così pesanti che mi lasciano il segno sulle mani mentre - gradino dopo gradino - penso che casa nostra sia un'eccezione alle leggi della fisica, un luogo stregato dove la materia in uscita è di molto superiore a quella che viene introdotta.
Non è solo colpa nostra. Il ciclo produttivo dei rifiuti inizia subito dopo la spesa settimanale: saliamo i quattro piani carichi di mercanzia e cinque minuti dopo tocca a me (il netturbino di famiglia) scendere con uno scatolone pieno di scorie fresche che in gergo tecnico si chiamano "imballaggi", materia compresa nel prezzo (ricordiamocene sempre al momento di pagare) che però finisce nel cassonetto poco dopo l'acquisto. Prima o poi bisognerà decidersi a tagliare fuori dal carrello della spesa chi vende il fumo come se fosse arrosto.
Poi - questa è storia quotidiana - cominciano i dilemmi: la plastica di qua, la carta di là, il vetro di qua e via dicendo, fin qui ci arrivano anche i bambini, ma dove devo mettere il tetra-pack? Risposta: nell'immondizia, pare incredibile ma bisogna buttarlo via. E le cartine dello yogurt? Nel dubbio le metto nel cassonetto blu (plastica e metallo), sperando di far bene mentre con gli oggetti tecnologici - plastica, metallo, cristalli liquidi e sicuramente qualche pila nascosta all'interno - vado nel pallone.
Se fosse solo per questo lo 007 dei rifiuti con me non dovrebbe temere. Ma c'è dell'altro: noi la chiamiamo la "bomba" ed è quel carico speciale che parte dal quarto piano una volta al giorno sigillato in una busta bianca annodata cinque volte. Tengo la bomba in terrazza quindi con un grido avviso gli altri due residenti ("vadoooo!") e mi lancio verso l'isola ecologica. Lì, trattenendo il fiato, deposito le cacche del piccolo di casa che ancora non ha imparato l'uso del vasino né sembra ansioso d'imparare. Mi hanno detto che ne produce - pannolini compresi - una tonnellata l'anno e poiché non ci credevo mi sono messo la maschera antigas e ho pesato la borsa giornaliera: fanno 3 chili e 300 grammi, in un anno parliamo di una tonnellata e 200 chili, il piccolo promette bene, è già sopra la media.
E' per colpa della "bomba" che il lavoro dello 007 è uno dei peggiori al mondo: lo immagino mentre alza il coperchio del cassonetto verde - è lì purtroppo che devo buttare l'ordigno, non ho altre soluzioni - e muore all'istante. Sarà colpa mia. Per salvare la vita del detective penso che potrei passare ai "ciripà" che - per chi non lo sapesse - sono i pannolini lavabili. Morirà la lavatrice.

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11 maggio 2007

Il fresco vecchia maniera

scarpe camper ventilateStavo per fare una stronzata. Oppresso dal primo giorno di caldo ho composto il numero verde e ho detto: "Voglio comprare un condizionatore". Così tre settimane dopo - perché prima non potevano - hanno mandato un omino volenteroso con una valigetta piena di cataloghi a fare un sopralluogo in casa mia. La prima cosa che ha detto è stata: ummmm.... e poi ha continuato dando un'occhiata alle travi del tetto (ummm....), alle pareti di sassi (ummm...), alla terrazza dove il sole batte implacabile (ummm....) e al contatore elettrico da tre kilowatt (ummm...). Al che mi sono spaventato: che c'è, non si può fare? Ma lui mi ha rassicurato con il piglio di chi conosce il suo mestiere: tutto si può fare, signor ansel, l'importante è stare al fresco no? Esatto: io volevo stare al fresco ma - dopo aver fatto entrare quell'uomo in casa mia - non ne ero più tanto sicuro. Comunque l'ho guidato sulla prima falda del tetto per vedere dove gli operai (due, al lavoro per una giornata intera) avrebbero montato un motore gigante del peso di 40 chili: il buco lo facciamo qui - ha detto sfregando il cacciavite su un punto imprecisato della parete del diametro di circa mezzo metro - sperando di non trovare un sasso altrimenti sono guai, eh eh eh! Sarà dura - gli ho risposto - evitare un sasso in una parete tirata su duecento anni fa, un sasso sopra l'altro. Ma il tecnico mi ha zittito con il piglio del professionista: tranquillo, son qua io! E mentre lo diceva - crack - gli si è spaccato un coppo di cotto sotto il piede.
In due minuti mi ha fatto vedere dove avremmo tracciato le canalette per i tubi del gas freon, la derivazione della corrente elettrica e tutto quanto. Le magnifiche sorti e progressive se non fosse che il condizionatore d'aria l'hanno inventato cent'anni fa e - conti alla mano - produce molto più caldo di quanto non riesca a fare freddo, solo in posti diversi, inefficiente come le macchine umane sanno essere. Alla fine ho osato chiederglielo: ma quell'affare sul tetto, così vicino alla velux del vicino, butta fuori caldo? Caldissimo, signor ansel, ma di questo lei non si dovrà più preoccupare perché con il condizionatore ultimo modello se ne starà al fresco, tappato in casa senza più chiedere niente a nessuno: chi se ne importa di chi se ne sta fuori, eh eh eh! E poi ha aggiunto la cosa più sbagliata: caro signore, con il caldo che fa non sono più tempi di stare fuori dal palazzo! Replica: arrivederci e grazie. L'ho salutato dicendogli che gli avrei fatto sapere (non sembrava deluso, quel giorno aveva altri sette appuntamenti) e mi sono precipitato in soffitta a tirare fuori il vecchio ventilatore cromato che quando lo accendo mi manca solo il sigaro per illudermi d'essere a Cuba (dove non sono mai stato). Anche per quest'estate si fa il fresco alla vecchia maniera, l'anno prossimo si vedrà.
Intanto mi consolo pensando che un condizionatore Daikin FTXG-E ~ RXG-E montaggio compreso mi sarebbe costato la bellezza di 2.100 euro iva compresa; trascorrere l'agosto in città andando in giro con il maglione, come nel 2006, e incontrare l'omino del condizionatore invece non ha prezzo.

E chi si appassiona al tema può dare un'occhiata a quello che avevo scritto sul giornale l'anno scorso.

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04 aprile 2007

Jurka: non venitemi a trovare

in visita a Jurka
Da quando ho ospitato qui fuoridalpalazzo un intervento dell'orsa Jurka dopo che era andata a sciare a Campiglio, siamo rimasti in contatto. Così mi ha fatto sapere cosa pensa degli ultimi avvenimenti.

Jurka: sta succedendo quello che più temevo: vogliono chiudermi in un recinto. Mettetevi nei miei panni: ho appena compiuto nove anni e me ne restano altri venti da vivere al chiuso, forse venticinque, insomma un'eternità, in un posto che per le mie abitudini nel giro di pochi giorni diventerà una gabbia insopportabile. So che volevano uccidermi e forse sarebbe stato meglio. Con il radiocollare che mi hanno appeso al collo sanno dove sono in ogni momento, potevano venire a prendermi e farla finita subito. Bum. Chi mi vuole bene e mi ha seguito per mesi da una valle all'altra, sparandomi contro i proiettili di gomma per spaventarmi e tenermi alla larga dai paesi e dalla malghe, sa che il posto giusto per me non è dietro uno steccato.
Ho visto il vostro presidente alla televisione e mi ha colpito quando ha detto che io non sono "compatibile" con la comunità. Siamo d'accordo: anche noi animali pensiamo molto spesso che voi umani non siete compatibili con la natura, ma lasciamo correre perché siete voi stessi - volontariamente - a rinchiudervi in quei brutti recinti a cui date il nome di città. Ma anche da lì riuscite a fare danni, non vi illudete. Quel presidente ha assicurato che avrò salva la vita: grazie tante, ma io so che di me gli importa poco, per lui sono un problema che ha ereditato dal suo predecessore, però non può rimangiarsi quello che disse l'anno scorso quando in Germania uccisero senza tanti complimenti il mio povero figlio Bruno, il piccolo JJ1, quel lazzarone la cui unica colpa è stata mettere in pratica quello che io gli avevo insegnato. Salvano me per salvare la faccia e il progetto orso. Va bene, mi sacrificherò per tutti.
La mia storia è quella dell'orso. Fino a cent'anni fa eravamo migliaia sulle Alpi poi è cominciata la persecuzione: ci avete fatto la guerra finché nel gruppo di Brenta sono rimasti tre o quattro orsi, quasi invisibili perché hanno capito che dagli uomini era meglio girare al largo. Ci sono ancora in giro quelle foto in bianco e nero in cui si vedono i cacciatori con i baffi a punta e il fucile in mano mentre mostrano orgogliosi la pelle dell'orso morto. Poi siamo arrivati noi - dalla Slovenia - perché si è capito che l'orso all'ombra delle Dolomiti era cosa buona. Ma io ho rovinato la festa: mi piace trovare la pappa pronta, me l'avete insegnato voi, ora non so più rinunciarvi.
Il mio recinto è quasi pronto, che tristezza. Non dico che siamo tornati indietro di un secolo - perché sarebbe una grande falsità - ma non riesco a togliermi dalla mente l'orrendo pensiero di quella buca di cemento che a Sardagna, fino a pochi anni fa, ospitava un paio d'orsi. Oppure la gabbia tremenda in cui vivevano i miei poveri colleghi nel parco di Gocciadoro, quelli che passavano la giornata ciondolando la testa mentre i bambini lanciavano il cibo dalle sbarre. Terribile vero? Eppure queste cose le avete fatte voi. E poi vi stupite se gli orsi prigionieri non mettono al mondo i cuccioli oppure li abbandonano per non vederli crescere al chiuso com'è successo al piccolo Knut dello zoo di Berlino. Ho saputo anche che ci sono due colleghi in uno zoo thailandese che non ne vogliono sapere di riprodursi. Li chiamo colleghi anche se sono Panda perché sempre di orsi si tratta. Ebbene, per convincerli ad accoppiarsi hanno preso il maschio e gli mostrano i film porno dove si vedono gli orsi liberi che fanno l'amore nella foresta. Diciamo le cose come stanno: è una tortura. Non provate a fare la stessa cosa con me quando sarò nel recinto perché diventerò cattiva come non mi avete visto mai. Al progetto orso ho dato molto: prima due cuccioli (e uno me l'hanno ucciso i tedeschi), poi altri tre che in tutto fanno cinque. Non è poco, pensateci voi umani che già dopo il primo cucciolo vi fermate esausti. Direi che può bastare.
E ora approfitto di questo blog - che già ospitò le mie parole nel gennaio scorso, dopo la passeggiata sulle piste da sci di Campiglio - per lanciare due messaggi che tanto mi stanno a cuore. Il primo riguarda me: per favore, signori uomini, quando sarò nel recinto non venite a trovarmi, lasciatemi in pace, non voglio vedere le vostre facce divertite mentre vi godete lo spettacolo di un'orsa sconfitta e umiliata. Tutte le volte che ci siamo incontrati nel bosco o fra le baite vi siete spaventati a morte ed è successo un putiferio: siate coerenti, tenetevi alla larga anche in futuro. Il secondo appello, molto più importante, riguarda i miei cuccioli: nei giorni che mi rimangono cercherò di convincerli a stare alla larga dagli uomini (ora l'ho capito: siete più pericolosi di noi orsi), ma temo che non ci riuscirò perché li ho allevati un po' troppo allegramente. Ora sono grandi e possono cavarsela da soli. Ve li affido. Solo una cosa vi raccomando: se un giorno qualcuno dei miei piccoli mangerà una gallina pensateci due volte prima di metterlo sotto processo. Contro i polli non ho nulla ma in circolazione ce ne sono milioni. Noi orsi, invece - animali fieri, bruni e bianchi, le cui sorti appassionano il mondo intero - siamo rimasti in pochi.

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02 aprile 2007

Ore contate per l'orsa Jurka

orsa jurkaL'orsa Jurka finirà in un recinto. Non la uccideranno perché dopo che la notizia è finita sui giornali (i miei giornali) si sono affrettati a smentire quest'ipotesi estrema, ma negli uffici della Provincia autonoma di Trento ne parlavano eccome. Dai tempi della sfilata con i cuccioli sulle piste di Madonna di Campiglio non sono passati nemmeno tre mesi ma le sue scorribande fanno sempre più paura ai forestali. Non mi dilungo perché sarà lei stessa - Jurka - a dire cosa pensa di questa storia qui fuoridalpalazzo come già fece con questo intervento in esclusiva dopo la sua passeggiata sulle piste da sci. Intanto per chi vuole saperne qualcosa di più per una volta lasciate che citi me stesso e leggete il Trentino o la Repubblica.

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22 marzo 2007

I miei 400 litri quotidiani

il serbatoio dell'acquedottoOgni volta che tiro lo sciacquone faccio fuori la dose quotidiana d'acqua che serve a un cittadino del Madagascar per sopravvivere. L'ho scoperto ieri e lo scrivo oggi che è la giornata mondiale dell'acqua. Spesso mi capita di tirare l'acqua una seconda volta, giusto per essere sicuro: non lo farò più. Sempre ieri ho scoperto che nella mia città ogni giorno ogni cittadino consuma 400 litri d'acqua. Certo questa cifra comprende anche l'uso industriale e agricolo, ma è comunque il doppio della media nazionale, il triplo di quanto consuma un francese, dieci volte la quantità che serve ad un uomo per vivere come si deve e quaranta volte l'acqua che permette di sopravvivere a milioni di africani. Ma chi se ne frega? Tanto ce n'è in abbondanza, con tutte quelle cascate in piena che scendono dai ghiacciai in via di scioglimento. Così mi sono tolto la curiosità di andare a vedere da dove arriva l'acqua che esce dal mio rubinetto e dopo una camminata di tre chilometri sottoterra sono arrivato qui, dove l'acqua spilla dalla roccia e viene raccolta in una condotta per finire nelle case. Poi sono andato nel serbatoio che vedete nella foto qua sopra: sembra grande, ma per soddisfare la sete di una città come Trento si riempie e si svuota più volte al giorno. Con tutto quel cemento e gli allarmi anti intrusione alle porte il grande serbatoio - soprannominato "il diecimila" perché tiene 10 mila metri cubi - mi ha dato l'impressione di un caveau, metafora azzardata per una città alpina ma ci sono posti dove l'acqua dolce (di quella salata non c'è penuria) è realmente più preziosa dell'oro. Pensaci quando lavi l'auto, innaffi il prato o ti lavi i denti lasciando il rubinetto allegramente aperto.

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18 marzo 2007

Ho fatto una cosa giusta

dieci cose giusteAll'inizio dicevano soprattutto cosa non bisognava fare. E purtroppo per gente come me, tirata su con il miraggio di una barretta Kinder da sciogliere sul palato, non era semplice rinunciare a quella marca di cioccolata che - sarà per la pubblicità, sarà per qualche ingrediente segreto - sembrava la più buona sul mercato.
Poi l'epoca del boicottaggio (che nel caso delle barrette o dell'ovetto coincideva con l'epoca della rinuncia) ha lasciato spazio alla proposta ed è nato il movimento di chi vuol fare la cosa giusta.
Fare la cosa giusta non è semplice in un mondo dove le azioni quotidiane sono in massima parte... sbagliate. Tanto sbagliate che cominciamo a comprenderne gli effetti quando in gennaio apriamo la finestra la mattina e sentiamo gli uccellini cantare su un albero in fiore. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare e così ecco qui un decalogo di buone azioni che ha trovato spazio un po' a fatica anche sul mio giornale facendosi largo tra le cronache di tanti gesti errati.
Primo: preferisci i prodotti locali, così eviterai che sull'autostrada corrano camion per portare in Italia il latte tedesco e in Germania l'acqua italiana (e sull'acqua ci sarebbero molte altre cose da dire).
Secondo: la schiuma del detersivo che gira nella lavatrice è sinonimo di pulito ma quando finisce nei fiumi è un terribile inquinante. Usane poco e soprattutto di tipo biodegradabile.
Terzo: quando puoi (e spesso puoi, basta metterci un po' d'impegno) usa la bici o vai a piedi invece di muoverti con l'auto.
Quarto: ripara quello che non funziona più invece di cambiarlo. E quando riparare è impossibile è perché l'hanno fatto apposta i produttori, ricordalo quando fai il prossimo acquisto.
Quinto: con i pannelli solari sul tetto l'acqua calda è un regalo del sole, servitene a piene mani.
Sesto: acquista prodotti con pochi imballaggi e smaltiscili con la raccolta differenziata.
Settimo: non lasciare gli elettrodomestici in stand by con la lucetta rossa accesa. Sprechi energia. E se la lucetta del tuo dvd non si può spegnere ritorna al punto 4, secondo comma.
Ottavo: usa le scale invece dell'ascensore a beneficio del tuo fisico e dell'ambiente. Regola semplice ma poco applicata, almeno a giudicare dallo stato di abbandono delle scale che portano in cima a certi palazzi (da cui sarebbe meglio stare fuori).
Nono: fatti spiegare cos'è il commercio equo e solidale e provalo per scoprire (forse) che il gusto di quelle barrette al latte non è poi così unico come ti era sembrato.
Decimo: quando viaggi fai attenzione alle conseguenze. Traduzione libera di quest'ultimo articolo: se alloggi nell'albergo di una grande catena internazionale, in un paese in via di sviluppo, dai un'occhiata a come viene trattato chi ti mette a posto la camera o - meglio - chi lava i tuoi asciugamani nella gigantesca lavanderia dall'altra parte della città.
Questo decalogo non è di chi scrive ma degli attivisti di trentino arcobaleno che per insegnare a fare la cosa giusta hanno lanciato un corso e hanno aperto al pubblico uno sportello (www.trentinoarcobaleno.it).
Loro queste cose le predicano - in gruppi più o meno ristretti - da almeno una quindicina d'anni ma fino a qualche tempo fa venivano guardati come tipi bizzarri che non guidano l'automobile e si mettono in gruppo per andare a fare la spesa in campagna (invece che per andare in pizzeria). Ora qualcosa sta cambiando. Forse. Per quanto mi riguarda mi sembrava che fosse una cosa giusta - per quanto piccola e banale - scrivere questo post.
E tu, caro lettore di questo blog, se hai cose giuste da segnalare aggiungile pure qui sotto nei commenti: saremo tutti interessati a leggerle.

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11 febbraio 2007

Spegnere la lucetta non basta

lucetta stand byGli appelli si moltiplicano: ci hanno chiesto di sostituire le lampadine a incandescenza, cioè quelle normali, con altre a basso consumo e noi l'abbiamo fatto. O meglio: l'ha fatto chi è riuscito ad avere il kit gratis dalla sua società elettrica gli altri non so, perché quelle lampadine durano una vita (più o meno il tempo che ci mettono ad accendersi) ma costano anche venti euro.
Ci hanno detto di tenere il coperchio sulla pentola dell'acqua che bolle e di regolare la fiamma del gas in modo che non sporga da là sotto e l'abbiamo fatto volentieri, anzi già lo facevamo perché la bolletta del gas la paghiamo noi e non ci va di buttare via i soldi, nemmeno quelli del riscaldamento. Così quando ci hanno detto di abbassare un po' il termostato abbiamo ubbidito volentieri, mentre negli uffici i termosifoni vanno a tutto spiano. Ma ognuno è padrone in casa propria.
Ci hanno detto di usare meno l'auto e ognuno fa quello che può: c'è chi va in bicicletta (e respira gas e polveri prodotte dagli altri) e c'è chi ha iniziato a prendere l'autobus. Ma la motivazione vera - nessuno s'illuda - non è l'inquinamento, ma il parcheggio che non si trova se non a pagamento. Quando invece ci hanno detto di premere piano sull'acceleratore hanno sfondato una porta aperta: da quando la benzina ha superato l'euro a fare le corse è rimasto solo qualche giovanotto il sabato sera.
Ci hanno detto di fare la doccia e non il bagno, così consumiamo molta meno acqua calda. E noi l'abbiamo fatto, anche perché non c'era scelta: la vita è frenetica chi trova il tempo di concedersi un bel bagno nella vasca piena di schiuma?
Ci hanno detto di acquistare auto poco inquinanti o - ancora meglio - alimentate a gas metano e chi poteva ha subito eseguito, anche perché con gli euro 0 e gli euro 1 non si può più circolare. E chi non ha i soldi? Nelle città severe come Trento prende la multa, nelle altre fa lo stesso.
Ci hanno detto di spegnere la lucetta rossa della televisione, del videoregistratore e dell'impianto stereo perché - sorpresa! - per tenere accese tutte le lucette rosse d'Italia serve una centrale termoelettrica. E qui è stato più difficile perché abbiamo scoperto che ci sono apparecchi che hanno la lucetta accesa obbligatoria e allora ci chiediamo: ma chi li ha progettati?
Ci hanno detto di comprare i prodotti locali, se possibile, così ci sono meno camion sull'autostrada per portare in giro gli alimenti. E noi l'abbiamo fatto, perché in fondo il latte delle nostre mucche ci sembra anche più buono.
Il primo febbraio ci hanno detto di spegnere la luce per cinque minuti almeno: io e il mio collega P. l'abbiamo fatto e siamo rimasti in redazione al buio ad osservare su internet la Tour Eiffel e il Colosseo che scomparivano. Abbiamo detto: oh! ma poi abbiamo guardato fuori dal palazzo e tutte le finestre (tranne la nostra) erano rimaste accese. Non ci siamo persi d'animo: il 16 febbraio ci riproviamo, sperando di avere compagnia.
Ci hanno detto di costruire le case nuove con gli isolanti migliori: fatto. Di acquistare elettrodomestici che consumano meno : fatto. Di non lasciare le luci accese quando usciamo da una stanza: fatto.
Poi è arrivato un signore ad un convegno sul cambiamento del clima e - presentandosi come uno che dice pane al pane e vino al vino - ha dichiarato: «Ognuno deve fare tutto ciò che può per diminuire i gas serra, causa del riscaldamento della terra». E noi - orgogliosi, con la coscienza a posto - lo ascoltavamo felici mentre aggiungeva: «Ma se la Cina e l'India continueranno a svilupparsi seguendo l'esempio di noi paesi industrializzati non ci sarà nulla da fare». Allora, sconfortati, siamo usciti dalla sala sperando che qualcuno di quei personaggi che nella sua stanza dei bottoni ha un interruttore vero, uno di quelli che spengono città e nazioni intere, si decida finalmente a darci un taglio.

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01 febbraio 2007

Giornalisti al buio

giornalisti al buio1° febbraio 2007, ore 19.55: i computer no, ma la luce l'abbiamo spenta, come la Tour Eiffel. Lo rifacciamo il 16 febbraio 2007 alle 18.

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31 gennaio 2007

La (ri)scoperta della notte

scarpe camper a lume di candelaCaro direttore generale dell'Enel, le scrivo per segnalarle un episodio alquanto fastidioso. Lo scorso fine settimana a Cencenighe Agordino (sembra un nome finto, ma il paese è vero) è mancata l'energia elettrica per alcuni minuti. Lo so, era nel cuore della notte e molti cittadini non se ne sono nemmeno accorti. So anche che alcuni cavi erano appesantiti dal ghiaccio e che sulle montagne soffiavano violente raffiche di vento, ma vorrei ugualmente essere messo in contatto con le squadre che quella notte hanno lavorato per ripristinare la corrente per esprimere il mio disappunto: la prossima volta restino pure a letto. Grazie.
Perché, caro direttore generale, grazie a quel black out inaspettato ho riscoperto un fenomeno che in tempi illuminati avevo ormai dimenticato: la notte. Stavo lì nel letto - con le persiane alzate, come è mia abitudine, perché mi piace che sia il cielo a dettar legge - quando mi sono svegliato disturbato dal buio eccessivo. Mi sono messo a sedere sul letto, ho strabuzzato gli occhi invano e mi sono detto: che è successo? D'istinto ho portato la mano all'interruttore della luce, ma il clic è rimasto a mezz'aria senza che la lampadina si accendesse. Allora ho capito, sono corso alla finestra e ho visto - una ad una - comparire le stelle, che si prendevano la rivincita sull'orrenda insegna che una banca qualche anno fa ha piazzato davanti a casa nostra. Finalmente spenta. E' stata una gran soddisfazione, se solo fosse durato un po' più a lungo.
Ma avrei, caro direttore, un suggerimento: se lei potesse, il giorno 16 febbraio alle ore 18, premere quell'interruttore generale che sicuramente le hanno montato sulla scrivania presidenziale, ebbene, se lei potesse - almeno per un attimo - spegnere il paese per dimostrare ai cittadini che la luce non è la regola ma un'eccezione preziosa che dobbiamo imparare ad apprezzare (e risparmiare), insomma sarebbe un gran segnale.
So che le chiedo molto. Non si diventa direttori generali dell'Enel spegnendo interruttori a tradimento. E soprattutto non lo si resta a lungo. Ma ci pensi ugualmente. E mentre ci riflette le consiglio una lettura che sembra (ma non è) una cosa da bambini: si parla di luce e sono sicuro che la troverà illuminante. So che non ha il tempo di passare in libreria e quindi ho fatto io il lavoro per lei: ecco il racconto Luna e Gnac di Italo Calvino.
La saluto cordialmente ringraziandola ancora per aver spento l'odiata insegna (sebbene per sua inefficienza, non m'illudo che sia stato un atto volontario) regalandomi un minuto di notte autentica.

P.S. mi è arrivato in email un appello a spegnere la luce il 1° febbraio dalle 19 e 55 alle 20. Qui sul blog invece mi hanno segnalato l'iniziativa di Caterpillar (RadioDue) che invita a spegnere la luce il 16 febbraio per una manifestazione collettiva intitolata M'illumino di meno.

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25 gennaio 2007

Una boccata d'aria impura

polveri sottiliSe l'ha fatto Beppe Grillo allora posso farlo anch'io. Che ci vuole? Sono corso alla più vicina centralina per il controllo delle polveri sottili e ho fotografato l'aria che respiriamo. Di che colore è? Nera, come i nostri polmoni dopo una bella passeggiata in città. Nera, come il filtro che usano i tecnici dell'agenzia per la protezione dell'ambiente per controllare l'aria. Eccolo lì nella foto a sinistra - immacolato - prima di essere utilizzato. Ed eccolo a destra, dopo 24 ore di servizio presso la stazione di Largo Porta Nuova a Trento, lunedì 22 gennaio. La legge fissa la soglia d'attenzione a 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo, quel giorno erano 68 e soprattutto era il diciottesimo giorno consecutivo di sforamento dei limiti.
In quella piazza ci passo ogni mattina, domani cambio strada con la speranza ingenua di salvarmi dai mali provocati dalle polveri sottili, così sottili (40 volte più fini di un capello) che entrano nell'organismo assieme all'ossigeno che respiriamo senza che nemmeno ce n'accorgiamo. Le malattie: tosse, asma, bronchite nel breve periodo. Nel lungo periodo il cancro. Non lo dico io, lo dicono i medici, preoccupati soprattutto per gli anziani e i bambini.
Quel filtro è ridotto così dopo il passaggio di 50 metri cubi d'aria nelle 24 ore. Un uomo respira in un giorno circa 10 metri cubi d'aria, quindi ci metterà cinque giorni ad ingoiare quel nerume di polveri sottili. Non è una grande consolazione.
Dico la verità: i vigili urbani in generale non mi vanno a genio, ma quello che lavora sotto a quella centralina ha tutta la mia solidarietà. Ma il vero dramma è che tutti quelli come me, che ogni giorno vanno al lavoro in bicicletta convinti di sostenere la causa dell'ambiente, le polveri sottili le ingoiano a pieni polmoni molto più di quelli che le producono seduti in automobile.

* all'inizio ho parlato di Beppe Grillo perché sul suo blog l'altro giorno è apparso un post con l'esperimento del filtro che qui ho voluto replicare, ma avrei dovuto citare Vincenzo Brancatisano perché è lui l'autore dell'inchiesta originale, pubblicata qualche giorno fa sulla Gazzetta di Modena e ripresa sul suo sito personale. Grillo è un personaggio strano: spesso e volentieri attacca i giornalisti e poi - come è accaduto in questo caso - usa i loro testi e le loro fotografie, citandoli di striscio e senza mettere nemmeno un link al loro sito. Ma in fondo è un comico: ridiamoci sopra.

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19 gennaio 2007

Vi regalo una (scomoda) verità

an inconvenient truthOgni promessa è debito: il primo lettore che commenterà questo post ricevera per posta (quella vera, mica l'email) il dvd An Inconvenient Truth.
Il documentario di Al Gore sul riscaldamento della terra arriverà nelle sale italiane oggi ma si annuncia come un evento per pochi: in tutto il Trivento, assicura il titolare del cinema vicino a casa mia, ci sono solo due pellicole. Così io raddoppio: al secondo commentatore spedirò una copia.
Le condizioni sono queste: chi riceve il dvd, dopo averlo visto, dovrà scrivere la sua opinione nei commenti di questo post, poi regalerà il film a un'altra persona interessata chiedendogli di commentare sul blog a sua volta. Il film è in inglese, ma ci sono i sottotitoli. Alcune recensioni sono già disponibili su ecoblog.
Fatevi sotto!

N.B.: gli autori dei primi due commenti possono inviarmi l'indirizzo postale in privato al mio indirizzo email, se non lo faranno il dvd andrà al terzo, quarto e così via.

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15 gennaio 2007

Fuggiremo tutti sui monti

luca_mercalliNon chiedete a quest'uomo che tempo farà tra sette giorni, perché ammetterà di non saperlo. Chiedetegli invece che tempo farà tra un anno, oppure tra dieci, vent'anni e vi risponderà: caldo. Anzi: più caldo.
Terzo post sul riscaldamento del pianeta in pochi giorni, lo so, ma passava in città Luca Mercalli (il meteorologo con il papillon) e ne ho approfittato per chiedergli che cosa sta succedendo e - soprattutto - che cosa accadrà.
Mi ha risposto che tra vent'anni sulle Alpi non si scierà più, nemmeno con la neve artificiale perché non farà abbastanza freddo per produrla.
Mi ha risposto che le città d'estate saranno così bollenti, delle vere e proprie trappole, che la gente farebbe bene a rifugiarsi in montagna, soprattutto gli anziani. Insomma sarà come nel 2003 quando in tutta Europa ci furono 30 mila morti di caldo: mica pochi, ha detto Mercalli.
Mi ha risposto che i ghiacciai spariranno dalle Alpi (almeno sotto i 4 mila metri) e questo non è una catastrofe, bisognerà solo vedere se dai nostri rubinetti uscirà ancora l'acqua potabile oppure se dovremo arrangiarci come in Sicilia con la cisterna della pioggia sul tetto di casa. E a quel punto chissà che ne sarà della Sicilia.
Dovremmo pensare - dice Mercalli - alla decrescita. Allora ho cercato che vuol dire su Wikipedia e mi sono fatto l'idea che è come un palloncino: gonfia, gonfia, gonfia ad un certo punto devi smettere di soffiare altrimenti scoppia.
Gli ho chiesto che cosa devo rispondere a quelli che pensano che questo caldo anomalo sia solo un ciclo naturale. Risposta: digli che nell'atmosfera non ci sono mai stati così tanti gas serra come da 700 mila anni a questa parte.
Infine gli ho chiesto se ha visto il film di Al Gore, Una verità scomoda che uscirà il 19 gennaio in Italia e lui mi ha risposto: sì l'ho visto e lo consiglio perché è ben fatto e scientificamente rigoroso. Allora ho chiamato il mio cinema preferito per sapere quando arriva qui in città e mi hanno spiegato che in tutto il Triveneto ce ne sono solo due copie: una a Bolzano e l'altra a Padova. Se gli spettatori andranno a vederlo le faranno girare, altrimenti giù il sipario. Perché la gente - caldo o non caldo - vuole vedere Rocky Balboa oppure Natale a New York (anche se la Befana è già passata). Altro che documentari sulle (presunte) catastrofi ambientali.
Alla fine della chiacchierata gli ho detto: Mercalli, ma ora che la gente vede i fiori sbocciare in pieno inverno capirà che stiamo rischiando grosso, o no? E lui: la gente sensibile, come quelli che leggono il tuo blog, sono una minoranza. Bisogna convincere le masse, tutti quelli che il sabato pomeriggio vanno a fare la spesa al supermercato. E questo è il motivo per cui spedisco il terzo post sul caldo in tre giorni, magari lo legge qualcuno appena tornato dal supermarket e se vuole approfondire può leggersi tutta l'intervista che pubblico a parte perché è piuttosto lunga

P.S. due cinema in tutto il Triveneto per vedere Una verità scomoda mi paiono pochi, così raddoppio la posta: il 19 gennaio regalerò due dvd del film americano ai primi commentatori del post di quel giorno. Uno sarà una copia pirata, lo scrivo chiaro e tondo. E' per una buona causa, non ci guadagno nulla, Al Gore non se la prenderà. Però, cari lettori di fuoridalpalazzo, basta lettere via email per cercare di corrompermi!

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12 gennaio 2007

La grigliata di gennaio

grigliataPeperoni? Ok. Braciole? Ok. Giornale? Ok. Temperatura? Perfetta. Posso inaugurare la stagione sulla terrazza in maniche di camicia: la mia prima grigliata di gennaio, mese in cui di solito ero fuori dal palazzo a spalare neve. Devo solo ricordarmi alcune incombenze: a) mettere su ebay l'annuncio per vendere (causa inutilizzo) sci, scarponi e pattini da ghiaccio; b) smantellare l'albero natale Pino che lì dentro (poveretto) si sentirà un po' solo e inadeguato con tutte quelle palline addosso... l'anno prossimo mi adeguerò al clima e lo sostituirò con una palma.

P.S. c'è sempre in ballo quella storia della verità scomoda su questo caldo da primato che ci inquieta con il dvd di Al Gore (An Inconvenient Truth) in regalo il 19 gennaio.

P.S. aggiungo questo post scriptum al volo per l'anima illusa che ha visitato questo sito dopo aver chiesto a google informazioni su "trentino, neve, gennaio 2007, quando arriverà". Caro mio, grazie per l'attenzione ma quest'anno la neve è fuori moda e abbiamo deciso di puntare sulla... sauna!

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08 gennaio 2007

Esclusivo: parla l'orso!

L'orsa Jurka a Madonna di CampiglioBuon giorno a tutti, sono l'orsa. Oppure, come dite voi, Jurka. Mi presento: ho nove anni, peso 90 chili, che per essere un'orsa non è male, e riscuoto un gran successo. Non sono trentina, lo capite anche dal nome, ma slovena: è lì che mi hanno catturato nella primavera del 2001 - quand'ero appena uscita dal letargo ed ero ancora un po' intontita - per portarmi qui in Trentino, sul Brenta.
Per essere orsa sono anche troppo famosa, ma non cerco l'attenzione: mi piace solo andare in giro. Ditemi voi, che c'è di male? Anche se è inverno e dovrei dormire nella tana quest'anno ho deciso che si poteva andare a spasso. Non è stata una scelta solo mia ma – diciamo – familiare. Molti di voi, tra gli uomini, mi capiranno al volo: con tutto il cibo che c'è in giro, il calduccio di queste giornate di sole e le attrazioni che voi (esatto: voi) avete portato quassù in montagna i miei piccoli non ne volevano sapere di andare a nanna. E ho rinunciato, esausta, perché non posso farmi il sangue cattivo per seguire la Natura che ci vorrebbe in letargo ma per il resto fa di testa sua. Così, eccomi qua.
L'altro giorno ero con i piccoli vicino alle seggiovie dello Spinale, a Madonna di Campiglio. Sono io quella del video: bella no? Che ci faccio in mezzo alle piste? Ribalto la domanda: che ci fa quassù una pista? Fino al mese scorso andavo a spasso da una valle all'altra indisturbata, poi è arrivata una gran folla. Non è che mi dia fastidio, per carità, ci sono cose ben peggiori a questo mondo, ma se qualcuno vuole farmi un favore dovrebbe andare dal titolare del rifugio Boch e dirgli se – per cortesia – può abbassare un po' il volume: i piccoli si eccitano, diventano ballerini, e non riesco più a tenerli. Noi orsi abbiamo una grande tradizione, secondo me un po' triste, nel settore della danza.
Di solito non è che parli molto, ma già che ci sono voglio andare fino in fondo. Così dirò chiaro e tondo quel che penso della neve. Vi sembrerà strano ma noi bestie se la neve non viene siamo contenti: nei boschi restano le piante da mangiare, molte bacche, magari qualche insetto, insomma ce la caviamo niente male. Per questo quando voi uomini, la neve, cominciate a fabbricarla a noi suona un po' strano e diciamo: “Sono pazzi”. Qualcuno dice: "Sono proprio uomini". E poi mettetevi nella mia pelliccia, con questo mantello bruno in mezzo al panorama bianco, come l'altro giorno sulle piste: mi vedono tutti e cominciano a scattare fotografie. E poi mi corrono dietro. Fosse per me pazienza, mi so difendere, ma lasciate stare i piccoli altrimenti divento un uomo (noi bestie, diciamo così) e posso essere pericolosa.
Ah, se ci fosse ancora Joze, il padre dei miei figli, mi sentirei un po' più tranquilla. Ma se n'è andato dopo che sono rimasta incinta e mi arrivano notizie che in seguito abbia fatto lo stesso anche con Maja, Kirka e Daniza. Questi maschi...
A volte, in queste lunghe serate invernali, ho nostalgia di JJ1, quel cucciolo vivace che voi chiamate Bruno. Il mio piccolo JJ! Se n'è andato al nord la primavera scorsa: gli piacevano le Alpi, quelle vere, alte e innevate anche d'estate. Andava e tornava. Andava, tornava e raccontava le meraviglie dell'Austria e della Baviera finché non l'abbiamo visto più. Ho smesso di aspettarlo perché so cos'è successo, le voci girano anche qui sui monti. Una cosa voglio dirla: prendere a fucilate gli orsi non è un atto molto moderno, lo sapevano fare già nel secolo scorso quando i miei antenati hanno rischiato l'estinzione. Se voi (ripeto: voi) avete deciso che ci volevate ancora nei boschi, siate coerenti: mettete via le armi da fuoco.
Questo è tutto, ma se avete qualche domanda sono pronta. Il mio film preferito? Ma è ovvio: “L'Orso”, quel film di Jean Jacques Annaud, girato proprio su questi versanti dolomitici. Mi piace perché in quella pellicola chi dà fastidio agli orsi fa una brutta fine. Molto istruttivo. I piccoli invece guardano sempre quel cartone animato, L'Orso Koda. Piuttosto divertente. Il libro? “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” di Dino Buzzati. Tutti gli uomini (e non solo i bambini) dovrebbero leggerlo. La città preferita? Berlino, di cui noi orsi siamo il simbolo, ma non mi illudo che possa andare un giorno a visitarla: da quelle parti sparano. Povero il mio JJ...
Vi lancio un ultimo messaggio: ho notato che voi uomini avete l'abitudine di servirvi delle strade anche quando volete godere la natura. Che cosa buffa! Capisco che sia comodo per degli animali bipedi come voi (altra cosa buffa!) muovervi comodi lungo le rotte già tracciate sul terreno, ma provate a cambiare prospettiva, voi che abitate il mondo collegato dalle strade e vi fermate dove termina l'asfalto, la terra battuta oppure il sentiero. E' proprio lì che il mondo – quello vero – comincia. Pensate a quello che vi ho detto.
Cari uomini addio, ho parlato troppo. Se arriverà il freddo mi ritirerò nella tana con i piccoli e ci rivedremo in primavera. Lasciate solo che vi confidi una mia angoscia, un presentimento che in queste giornate così eccitanti mi toglie il sonno: temo che qualcuno voglia catturarmi un'altra volta e rinchiudermi in un recinto o (peggio!) in una gabbia. Vi prego, non fatelo: sarebbe la mia fine! Piuttosto – vi supplico – riportatemi dove mi avete prelevato ormai sei anni fa e dimenticatevi di me.
Roar!

L'orsa Jurka

La firma dell'orsa Jurka

Per saperne di più: progetto Life Ursus

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07 gennaio 2007

Quo vadis orso?

orso sciatore in TrentinoCapita a volte che la pubblicità mantenga le promesse. Ieri, almeno, è capitato: quel manifesto dipinto da Franz Lenhart nel 1947 con l'orso che andava a sciare in Trentino è diventato realtà. A Madonna di Campiglio ce n'erano addirittura tre a spasso per le piste, fotografati dai turisti: mamma Jurka con due piccoli. L'azienda di promozione turistica esulta e dopo la passeggiata di ieri ha organizzato un concorso fotografico: "Fateci avere il vostro scatto migliore dell'orso". Gli ambientalisti si allarmano: "Lasciateli stare". Intanto ecco due fotografie scattate da Pietro Dei Cas e Massimo Peruzzo: una qui e l'altra qui. Non è stato un incontro a sorpresa visto che già nei giorni scorsi l'orso aveva lasciato le sue tracce in Bondone, come si vede in questa immagine.
Perché Jurka e i suoi orsacchiotti fossero in giro invece di essere a nanna (come vorrebbe madre natura in questo periodo) è tutta un'altra storia, che racconterò domani con un'intervista esclusiva su fuoridalpalazzo.

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02 gennaio 2007

La verità scomoda

An Inconvenient Truth - Dvd
Arriverà il 19 gennaio nei nostri cinema un film americano candidato all'Oscar dal titolo in realtà un po' moscio, almeno in italiano: La Scomoda Verità (dall'inglese An Inconvenient Truth).
Me lo sono guardato ieri sera in dvd e ho "scoperto" un sacco di cose che già sappiamo sulla terra che si riscalda e sui ghiacci che si sciolgono. Ma se negli Stati Uniti questo film, che poi è un bel documentario basato sulle conferenze dell'ex vice presidente Al Gore, ha suscitato tanto clamore significa che sul riscaldamento della terra loro, i più grandi inquinatori del pianeta, ne sanno poco o niente. E questo è molto più inquietante del termometro in salita.
Potrebbe essere che Al Gore stia solo preparandosi il lancio alle prossime elezioni presidenziali come si capisce da alcune battute sulla classe politica che, come certi tipi di energia, sarebbe rinnovabile, ma io gli credo (a lui e ai suoi allarmi) per una serie di motivi.
Primo: ho visto con i miei occhi una mosca volare in giro per la casa poco prima di Natale. E mi è sembrato un fatto strano. Quella stessa mosca l'ho rivista nel documentario dove spiegano che anche noi delle zone montane saremo invasi dagli insetti.
Secondo: sono arrivati al mio giornale alcuni lettori con le foto delle impronte lasciate dall'orso sulla neve del Monte Bondone, in pieno inverno. L'orso - che non guarda dvd ambientalisti e non legge i giornali - in questo periodo dovrebbe essere in letargo. Se non dorme nella tana, attività piacevole, significa solo una cosa: ha un caldo boia. Le foto delle orme lasciate dall'orso sono qui, qui e qui.
Terzo: Al Gore nel suo film presenta fatti e immagini da tutto il mondo, ma ci infila anche due fotografie del ghiacciaio dell'Adamello. Quando un ex vice presidente americano - assieme all'uragano Katrina che devastò New Orleans - mi mostra due foto di casa mia il suo potere persuasivo aumenta.
Quarto: un giorno di quell'agosto 2003 sono uscito di casa e sono stato investito da una vampata di caldo spaventoso. Ricordo che pensai: "ci siamo, qui sta succedendo qualcosa di grosso". Era così. E chi non crede ai termometri crederà alle centrali elettriche che saltavano per la richiesta enorme di energia per alimentare i condizionatori d'aria (dei cui "segreti" ho già scritto l'estate scorsa).
Quinto: c'era una volta un'isola nel cuore del pacifico e ora non c'è più. Ma i suoi abitanti erano troppo pochi per attirare l'attenzione: hanno fatto le valigie quando l'acqua ha riempito le capanne ed è finita lì. Per documentarsi sulle isole Carteret si può cominciare da qui.
Il sesto motivo è solo un'impressione, prendetela così: Al Gore parla a noi (e agli americani) guardandoci dallo schermo con la camicia slacciata e senza la cravatta. Lo so, una cosa del genere si fa con il via libera di un consulente dell'immagine per fare colpo su certi spettatori un po' pivelli, ma io ci sono cascato: quell'uomo mi ha convinto.
In questo documentario Al Gore spiega anche qualche contromisura che ognuno di noi può prendere per fare calare la febbre alla terra che abitiamo. Ne parleremo più avanti, ma per il momento ho una certezza: se l'ex vice presidente americano passasse per caso a Trento, proprio lui che invita a spegnere la lucetta rossa della televisione dopo l'uso, la facoltà di giurisprudenza illuminata a giorno non gli piacerebbe. Anche se l'ha disegnata Mario Botta.

Sulla copertina del dvd e nei titoli di coda c'è scritto di diffondere il film dopo averlo visto. Certo se avessero evitato di proteggere il disco con un sistema anti copia la diffusione sarebbe stata un po' semplificata, comunque all'uomo senza cravatta (come me) io ho deciso di obbedire e il 19 gennaio spedirò il mio dvd americano al primo lettore che commenterà il post del giorno su fuoridalpalazzo. Lo faccio perché mi ha colpito quella domanda che chiude il film: sei pronto a cambiare la tua vita? Che poi è quello che dicevamo l'altro ieri prima di brindare a Capodanno.
Al Gore va un po' aiutato: ha perso le elezioni americane per un pugno di voti in Florida e - raccontano le cronache - quando va in giro per il mondo, città per città, a spiegare la teoria del riscaldamento globale è così sfortunato che quando esce dalla sala si mette a nevicare. Uno così, se permettete, mi è simpatico. Se fossi un critico cinematografico da quattro soldi concluderei la mia recensione con il classico da non perdere.

P.S.: www.climatecrisis.net

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22 dicembre 2006

Sono un grande inquinatore

immondiziaGuardo un servizio televisivo e salto giù dal divano: parlano di me. Le immagini non lasciano spazio al dubbio, sono io il protagonista di questa notizia, dedicata ai grandi inquinatori che - udite, udite - producono ogni anno una tonnellata di rifiuti non riciclabili, pericolosissimi (lo so benissimo) e soprattutto tremendamente puzzolenti. Spiega - la televisione - che il Comune per smaltire la mia tonnellata - e quelle di molti altri - deve spendere un sacco di soldi.
Una tonnellata, insomma mille chili, mi pare tanto. Così decido di verificare e chiedo a Gretel se - per favore - mi porta l'ultimo carico, quello che devo ancora far sparire, compito mio perché sempre a me toccano i lavori sporchi. Lei va di là in terrazza e torna un po' stupita con una sporta piena di pannolini, cacca e pipì, cioè il prodotto giornaliero del piccolo playboy. Vincendo l'istinto che mi farebbe scappare via prendo in mano il carico e lo metto sulla bilancia: 3 chili e 3 etti. In un anno fanno più di 1.200 chili: non ditelo al sindaco, per favore, ma noi siamo addirittura sopra la media. Il ragazzo è dotato, non vedo l'ora che impari a far da solo per accompagnarlo verso una brillante carriera di recensore di wc. Il prossimo bambino, però, userà i pannolini lavabili in lavatrice: risparmierà il Comune (per lo smaltimento della nostra tonnellata) e risparmieremo anche noi sull'acquisto dei ricambi.
Ma non è finita, manca tutto il trattato sull'arte del cambio: chi, come, dove e quando. Prima di me l'ha descritta (benissimo) Alessandro Baricco, gli interessati possono continuare la lettura qui.

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16 dicembre 2006

Cinque gomme al metro


Quante sono? Tante. C'è chi fa i soldi a venderle e c'è chi fa i soldi (i nostri, quelli delle casse comunali) a toglierle dalle strade. Fateci caso quando camminate fuori dal palazzo: basta abbassare gli occhi e cominciare a contarle. Fa impressione.

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